Andrea Calanca: «Un esoscheletro che anticipa l’intenzione umana e restituisce il movimento»

di Claudio Capitini | 22 Ottobre 2025

Restituire autonomia e libertà di movimento a chi ne è privo, ma anche rendere più sicuro il lavoro di chi affronta sforzi quotidiani: è la sfida dell’esoscheletro robotico sviluppato dal Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione dell’Università di Verona, coordinato dal professor Andrea Calanca.  
Ospite di Verona Salute su Radio Adige TV, Calanca ha raccontato come la robotica assistiva possa diventare un punto d’incontro tra medicina, ingegneria e benessere umano, aprendo nuove prospettive in campo sanitario e industriale.

Che cos’è un esoscheletro e in cosa si distingue da una protesi?
Un esoscheletro è una macchina indossabile che, a differenza di una protesi, agisce in parallelo al corpo umano senza sostituirne le funzioni. Si distingue in due principali tipologie: gli esoscheletri riabilitativi, pensati per favorire il recupero dell’apparato senso-motorio, e quelli assistivi, progettati per supportare l’individuo nell’esecuzione di attività fisiche e nel compimento dei gesti quotidiani.

Qual è l’innovazione introdotta dal vostro esoscheletro?
Il nostro esoscheletro assiste gli arti superiori, in particolare la spalla e il gomito, attraverso soluzioni meccatroniche leggere e compatibili con i movimenti naturali del corpo. I sistemi di attuazione sono piccoli ed elastici, capaci di immagazzinare energia e di garantire un’ottima indossabilità. Il cuore pulsante della tecnologia è un algoritmo intelligente che capta i segnali muscolari di bicipite e tricipite e, interpretandoli, anticipa l’intenzione del movimento umano. È questo che permette di assistere l’indossatore in una vasta gamma di azioni, dal sollevamento di carichi in ambito industriale ai compiti motori in soggetti con disabilità. L’aspetto davvero innovativo è la quantità di assistenza fornita: mentre gli esoscheletri tradizionali sostengono circa il 50-60% dello sforzo, il nostro sistema può arrivare oltre il 95%, senza generare oscillazioni o movimenti bruschi. Questo risultato rappresenta un salto di qualità decisivo nella robotica assistiva.

Quali applicazioni mediche può avere?
Proprio perché il nostro esoscheletro riesce ad assistere oltre il 95% dello sforzo muscolare, la tecnologia può essere applicata anche a persone con attività muscolare molto ridotta, come nei casi di distrofia muscolare o di lesioni spinali parziali. In queste situazioni il paziente appare quasi immobilizzato, ma in realtà esiste ancora una minima attivazione muscolare residua, troppo debole per generare movimento.
Il nostro sistema è in grado di intercettare il segnale nervoso periferico che arriva al muscolo, amplificarlo e tradurlo in movimento, restituendo così autonomia funzionale all’arto superiore e al tronco. Nei test di laboratorio abbiamo già osservato un giovane paziente affetto da distrofia che è riuscito a muovere il braccio con completa naturalezza. È un risultato concreto, che apre prospettive importanti per il recupero dell’autonomia e anche per alleggerire il carico delle famiglie, spesso coinvolte in ogni gesto quotidiano di assistenza.

In che modo può essere utile anche nel mondo del lavoro?
Quello degli esoscheletri industriali rappresenta oggi uno dei principali ambiti di sviluppo della robotica assistiva. Pensiamo alle mansioni pesanti svolte quotidianamente in ambito produttivo: con un esoscheletro in grado di ridurre lo sforzo fisico, si possono prevenire molte patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico. I dati del 2023 parlano chiaro: circa 70.000 malattie professionali denunciate, di cui il 70% legate al sistema muscolare; oltre la metà sfocia in invalidità permanente e rappresenta il 50% delle cause di assenteismo dal lavoro. Portare una soluzione di questo tipo significa offrire un vantaggio concreto ai lavoratori, che vengono sollevati da una parte importante della fatica fisica, ma anche un beneficio economico per le aziende e per il sistema sanitario nazionale. È un settore in rapida espansione, destinato a generare ricadute positive su larga scala.

Avete già avviato collaborazioni per portare il progetto sul mercato?
Sì, collaboriamo da diversi anni con Plumecake Srl, un partner industriale strategico con cui condividiamo l’obiettivo di trasferire sul mercato i risultati della ricerca sviluppata nei nostri laboratori. Insieme abbiamo partecipato a numerosi progetti, in particolare legati alla progettazione e realizzazione di esoscheletri, dove Plumelab cura la parte meccanica ed ergonomica, mentre l’università si concentra sullo sviluppo tecnologico. È una collaborazione solida e sinergica, che unisce competenze accademiche e industriali e che rappresenta un modello virtuoso per trasformare l’innovazione scientifica in applicazioni concrete e fruibili.

Qual è la visione più ampia dietro la vostra ricerca?
Tutti i nostri sforzi sono orientati a migliorare l’ambiente di vita e di lavoro dell’uomo, riducendo i rischi legati all’attività fisica nel lungo periodo. Gli infortuni sul lavoro sono eventi traumatici e immediatamente visibili, ma esistono anche disturbi muscolo-scheletrici che, pur meno evidenti, si accumulano nel tempo fino a compromettere la salute. È proprio in questa direzione che la tecnologia deve intervenire: mettersi al servizio della persona, prevenendo il danno prima che si manifesti.

Oggi l’innovazione tecnologica non è solo una questione scientifica. Quanto sono importanti questi progetti a livello strategico e geopolitico? 
La medicina occidentale si evolve attraverso la tecnologia, e chi ne detiene il controllo ha anche la capacità di orientare ricerca, economia e benessere. Per questo è fondamentale sviluppare le tecnologie all’interno dell’Europa, in paesi affidabili e, quando possibile, nel nostro stesso territorio nazionale. È su questo principio che, tre anni fa a Verona, è nato il Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione, che riunisce ingegneri e medici in un’unica visione integrata. Il dipartimento si distingue per la sua capacità di attrarre fondi europei e per le collaborazioni con enti internazionali di alto livello. La nostra ambizione è contribuire a un’innovazione vicina al territorio, che resti al servizio della società e del suo benessere.