Essere eroi per una persona su centomila
di Erika Funari | 28 Giugno 2023«Non mi sento un super eroe, mi sento una persona come tutte le altre che ha solo capito quanto sia importante donare». Sono le parole piene di umiltà di Marco Dalla Riva, informatico di 34 anni che, qualche settimana fa, ha salvato la vita a una giovane donna donandole le sue cellule staminali emopoietiche (prodotte nel midollo osseo, ndr), cioè quelle in grado di produrre globuli bianchi, rossi e piastrine e quindi l’unica speranza di salvezza per chi è affetto da gravi patologie oncologiche del sangue.
Con il suo gesto ha fatto la differenza; com’è diventato donatore?
Ho conosciuto l’associazione Fidas appena maggiorenne e sono diventato un donare di sangue. Poi, quando mi sono trasferito a Trento per studiare all’università, ho smesso; in realtà è stata una breve pausa perché, appena rientrato a Verona, ho ripreso le donazioni fino a diventare presidente della sezione di Colognola ai Colli nel 2018: durante il mio mandato abbiamo raggiunto il record di 500 donazioni annuali nel nostro Paese, il più alto mai registrato. Ne vado fiero perché significa che siamo riusciti a far comprendere alle persone l’importanza di questo gesto, semplice quanto fondamentale. Da qui ho deciso di proseguire nel mio impegno facendo la mia parte anche in merito alla donazione del midollo così, circa 6 anni fa, mi sono iscritto all’apposito registro.
Qual è l’iter per la donazione di midollo? È doloroso come si crede?
Tutti hanno paura perché è diffusa la convinzione che sia molto doloroso: in passato era così ma oggi, con le nuove tecniche di prelievo, somiglia molto a una tradizionale donazione di sangue. L’iter per la donazione, invece, è un po’ più complesso. Bisogna recarsi nei centri trasfusionali e sottoporsi a un’analisi del sangue. Si chiama tipizzazione e significa che vengono schedate le caratteristiche del proprio midollo e si viene inseriti in un elenco mondiale di donatori. Poi basta, è tutto tranquillo. Si può rimanere nell’elenco per anni. La svolta è quando si viene chiamati. Significa che da qualche parte nel mondo c’è una persona che ha bisogno di una donazione di midollo e per una compatibilità rarissima il tuo può funzionare nel suo corpo e salvarle la vita. Solo un donatore su centomila è compatibile con chi è in attesa di trapianto.
Quali sono le emozioni che ha provato pensando di regalare una nuova vita a qualcuno?
So solo che era una giovane donna sui 45-50 chili. Basta. Non so altro sulla persona che ho aiutato perché vige una privacy strettissima. Mi sarebbe piaciuto conoscerla, salutarla, ma è giusto così. Non so nemmeno in quale parte del mondo stia proseguendo la sua nuova vita, ma sapere che sta bene è ciò che conta. Il giorno della donazione ero tranquillo grazie anche all’equipe medica dell’ospedale di Borgo Roma che mi ha preparato nei giorni precedenti e mi ha aiutato nell’assunzione dei farmaci con estrema cura e gentilezza, ne sono grato. Mi sono steso sul lettino e mi hanno infilato l’ago nel braccio: la macchina ha iniziato a filtrare ed è andata avanti per 4-5 ore. Ero teso ma poi mi sono tranquillizzato e al termine della donazione mi sono sentito bene, solo un po’ stanco come se avessi dei sintomi influenzali. Sono tornato a casa e mi sono messo a riposo.
Si è sentito un eroe?
Per me donare è qualcosa che fa parte della mia vita da anni, è naturale. Non mi sono sentito un esempio né qualcuno meritevole di tante attenzioni. Ho capito di aver fatto qualcosa di straordinario solo qualche giorno dopo quando il mio telefono ha iniziato a squillare: messaggi con le congratulazioni e tante belle telefonate di affetto, persino giornalisti che mi hanno chiesto di raccontare la mia avventura. Pazzesco. Lì ho capito di aver compiuto un gesto davvero importante. Oggi lo serbo nel cuore come una bella storia da raccontare ai miei figli. Non mi sento ancora un supereroe e forse non mi ci sentirò mai. Sono solo un marito e un papà che ha fatto la cosa giusta.


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