“Maturi” senza voto: la rivolta degli studenti

di Redazione | 19 Luglio 2025

Negli ultimi giorni di questa sessione di esami di maturità 2025 si sono moltiplicate le notizie di maturandi che hanno rifiutato di presentarsi al colloquio orale o, a diploma già conseguito, domandano di abbassare volontariamente il proprio punteggio al minimo di 60/100.

Dai primi due casi registrati a Padova e Belluno il fenomeno si è rapidamente ampliato: “Il Manifesto” conta ormai almeno quattro studenti che hanno rinunciato all’orale, mentre un neodiplomato romano ha chiesto in una lettera al ministro dell’Istruzione di non verbalizzare l’83 ottenuto e di farselo ridurre a 60.

Il gesto non è estemporaneo: i protagonisti spiegano di volere «scatenare un dibattito» contro l’ossessione per la media e la «scuola troppo competitiva» Pietro Marconcini, 19 anni, dice di essersi pentito di non aver fatto scena muta: «Questa scuola è tossica, le crisi nervose sono state troppe»; Gianmaria Favaretto ha parlato di «ambiente disumanizzante»; altri ancora, come la trevigiana Maddalena Bianchi, hanno trasformato l’esame in un discorso autobiografico per farsi finalmente “conoscere” dalla commissione.

La risposta istituzionale è arrivata a stretto giro. Il ministro Giuseppe Valditara ha annunciato una norma “anti-boicottaggio” che dal 2026 prevede la bocciatura per chi deliberatamente tace all’orale: «Non si prendono in giro gli insegnanti, la vita è fatta di valutazioni e competizione», ha dichiarato, criticando l’idea stessa di sottrarsi alla prova finale.

Dietro lo scontro pubblico si intravedono motivazioni profonde. Gli studenti invocano la salute mentale, denunciano l’ansia da prestazione e descrivono il voto come “numero vuoto” che classifica invece di far crescere. Chiedono modelli di valutazione descrittiva e meno selettivi, in sintonia con la loro percezione di un diploma che, nel mercato del lavoro, vale sempre meno.

Gli psicologi invitano a leggere il rifiuto come «atto comunicativo basato sull’autoefficacia»: quando la sufficienza è già raggiunta con scritti e crediti, saltare l’orale diventa gesto simbolico per interrogare il senso stesso dell’esame. Se, come ricorda l’Ordine degli Psicologi del Lazio, «le regole hanno valore solo se tutelano il benessere collettivo», allora il no all’orale reclama una scuola che curi la salute mentale prima della classifica.

Il fronte adulto, però, non è compatto: un sondaggio de “La Tecnica della Scuola” rivela che il 70 % dei docenti e il 66 % dei genitori approvano la bocciatura automatica, posizione respinta dal 59 % degli studenti intervista.

Perché tutto questo ora? Le nuove regole del 2017 permettono di superare l’esame con il solo pacchetto scritti + crediti: l’orale pesa 20 punti su 100 e, se i calcoli danno già 60, l’esito è salvo. La possibilità di “fare scena muta” o di chiedere il voto minimo diventa così leva simbolica, in un contesto in cui la maturità promuove il 99,8 % dei candidati. Sommando un contesto socio-economico che svaluta il diploma e un clima di competizione scolastica percepito come tossico, il rifiuto dell’orale o del voto appare a questi ragazzi come un atto di disobbedienza civile più che di pigrizia. La sfida, avvertono psicologi ed esperti di valutazione, è ascoltare quel messaggio prima di irrigidirsi con nuove sanzioni, altrimenti il gesto resterà un grido inascoltato e potrebbe contagiare altri studenti nelle prossime sessioni di esame