“La Traviata” in abiti noir conquista l’Arena

di Alice Martini | 18 Luglio 2025

Ha affascinato e rapito il gremito pubblico La Traviata, nella sua terza rappresentazione. Un grande ritorno nel segno dell’eleganza e della ricercatezza, riproposta quest’anno in Arena al Festival Lirico, a nove anni dall’ultima rappresentazione. Lo spettacolo, a firma di Hugo De Ana, ha riportato in scena l’allestimento ideato per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia del 2011. 

Una scenografia imponente, sui toni del nero e del grigio che, riproponendo una grande cornice centrale e due laterali, porta gli spettatori come in tante più piccole e diverse rappresentazioni, anche grazie a un sapiente lavoro di gioco di specchi, ma allo stesso tempo in dialogo tra loro. 

Come contraltare di queste tinte noir, nella scia di temi di amore e morte che permeano il legame sentimentale tra i protagonisti Violetta Valéry e Alfredo Germont, lo sfondo di una colorata Parigi di fine 1800 che ancora gode dei fasti e della ricerca del piacere della Belle Époque. Una su tutte, l’iniziale serata danzante – animata dal Ballo coordinato da Gaetano Bouy Petrosino con le coreografie di Leda Lojodice – che è anche l’occasione proprio del loro primo incontro, in cui il giovane dedica un sincero brindisi alla vita all’amata – e qui è celebre la cantata “Libiamo ne’ lieti calici” – che mostra interesse per lui, a dispetto del suo protettore e amante, il Barone Douphol. Ma anche, nel secondo atto, durante la festa a casa di Flora Bervoix, nel frastuono dei balli mascherati, in cui si consuma però la tragedia dell’allontanamento definitivo tra Alfredo e Violetta che, spinta dal padre di lui, finge di averlo ingannato e di voler ritornare ad essere una mantenuta, pur di farsi odiare e dimenticare.

Torna sui toni scuri il terzo atto che, ormai prologo della morte di Violetta, è pregno anche di simbologia, in particolare tra gli oggetti della camera di lei in cui il suo baule è al tempo stesso scrigno dei suoi desideri incompiuti, come il velo da sposa che non potrà indossare e, infine coperto da un telo bianco, anche suo letto di morte.

Tra le voci, a spiccare, pur nel suo esordio stagionale, è il baritono Luca Salsi nei panni di Giorgio Germont, padre di Alfredo, per le sue abilità vocali che ben infondono la sua iniziale autorità e preoccupazione per le sorti del figlio e della sua famiglia, e in seguito del suo pentimento e coinvolgimento nel finale, scoperto il sincero amore di Violetta per Alfredo, che non le impedisce di trovare una sfortunata e dolorosa morte. Convincono anche le giovani ma potenti voci del tenore Enea Scala (Alfredo), al suo debutto areniano in un ruolo scenico completo, in particolare nelle esibizioni in dialogo con il padre, e della soprano americano Angel Blue, anch’essa al suo debutto in Arena. 

Prossimo spettacolo sabato 19 luglio alle 21.15.