Pietro Franzoni, sempre più su
di Giorgia Preti | 13 Giugno 2023Una passione, quella nata in Pietro, ora dodicenne, che non è stata forzata dai genitori: è successo e basta. Da allora Pietro, da quelle pareti artificiali colorate, non è sceso più. O, meglio, è sceso per arrampicarsi anche in falesia, a contatto con la natura vera. In questi anni sono diversi i risultati che Pietro ha ottenuto, facendosi notare in Italia e all’estero nella squadra agonistica del “King Rock Climbing” raggiungendo un livello di 8a+/8b lavorato. Un orgoglio anche per papà Roberto, allenatore a sua volta di arrampicata sportiva.
Pietro, ci sono tante discipline nell’arrampicata sportiva. Qual è la tua preferita?
Pietro: Esistono tre discipline: la “lead”, dove c’è una parete verticale o strapiombante e devi salirla tutta “moschettonando” delle protezioni che si chiamano rinvii, devi arrivare a una catena che è il top e lì finisce l’itinerario. Poi c’è lo “speed”, dove c’è una parete leggermente strapiombante, sempre con lo stesso itinerario e devi salire il più velocemente possibile per arrivare a un pulsante che devi schiacciare e che ti prende il tempo. Infine c’è il “boulder”, che ha una parete molto più bassa e se cadi hai un materasso sotto che ti ammortizza la caduta.
Tu quale preferisci?
P: Io preferisco la “lead” perché è la disciplina dove usi più la tecnica e scali più lentamente.
Tuo papà Roberto è allenatore, ma non ti allena, vero?
P: No anche perché, di solito, quando andiamo a scalare, litighiamo subito.
Roberto, da genitore hai mai avuto paura ad avvicinare Pietro a questo sport?
Roberto: Sinceramente no, perché io reputo che questo sport, se fatto con le dovute precauzioni, è molto più sicuro di andare a fare un giro in bicicletta per strada. Andare su una parete artificiale dove le protezioni e le corde sono controllate il pericolo è zero.
Tu Pietro hai mai avuto paura?
P: All’inizio sì, avevo molta paura. Però man mano che cominciavo ad abituarmi anche alle pareti, sono riuscito a farmela passare.
Tra le palestre indoor e le falesie cosa preferisci?
P: Mi piacciono tutte e due, non riuscirei a scegliere una che mi piace di più perché in falesia sono più con la mia famiglia; in palestra sto con i miei compagni, la mia squadra.
Pietro ha iniziato ad arrampicarsi da piccolissimo, ma non è stato un percorso semplice…
R: Sì, quando aveva sei anni gli hanno diagnosticato una stenosi. L’abbiamo monitorato per altri due anni però alla fine i cardiologi hanno deciso che era tempo di operarlo. Hanno dovuto tagliare e fare un’operazione a cuore aperto a tutti gli effetti, che è riuscita benissimo…e dopo sei mesi ha vinto le finali di campionato di boulder.
Ma a casa si parla solo di arrampicata?
R: Devo stare attento quando torno a casa di tagliare l’aria altrimenti si parla sempre di arrampicata. Per fortuna lui ha anche la passione del calcio (ride, ndr).
La gara più difficile per te Pietro, qual è stata?
P: Sono state le finali di campionato dell’anno scorso. Perché in una gara sono andato bene, però nel boulder sono andato male ed è stato difficile.
L’obiettivo per il futuro?
P: Mi piacerebbe molto entrare in Nazionale e da grande riuscire ad andare alle gare più difficili.
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