Storie di persone - 11 luglio 2023, 14:52

Creatività oltre confine

Creatività oltre confine

Edgar Degas diceva che “Il disegno è l’espressione più diretta e spontanea dell’artista perché rivela la sua vera personalità”. Un’affermazione vera allora, quando si disegnava con carta e matita, e pure oggi, nell’epoca dei disegni digitali. Giacomo Bagnara, 36 anni, illustratore di Palazzolo di Sona, ha scelto di affidare la sua essenza a ciò che disegna. Semplicità, colori pieni, precisione e passione sono i tratti distintivi che emergono da ogni sua opera e che, in dieci anni, lo hanno portato sulle pagine di riviste e quotidiani internazionali, trasformando quello che sembrava solo un hobby in una professione a tempo pieno. Tra le sue conquiste ci sono il New York Times, il New Yorker, il Wall Street Journal e tanti altri. Ma il sogno nel cassetto è un altro: scrivere e illustrare un libro per bambini.

Giacomo che percorso di studi hai fatto per diventare illustratore?

Io ho fatto il liceo scientifico e poi ho studiato architettura nella sede mantovana del Politecnico di Milano. Ho fatto anche l’esame di Stato, ma non mi sono mai scritto all’Ordine degli architetti. Mentre stavo finendo l’università ho ricominciato a disegnare perché avevo scoperto dei siti online dove la gente poteva caricare i propri lavori. Inizialmente non l’avevo considerato come un vero lavoro, ma solo come uno stimolo per fare qualcosa di interessante. Sono partito dal bianco e nero a matita, molto grezzo, poi c’è stata un’evoluzione. I primi lavori su commissione sono arrivati mentre stavo facendo uno stage in uno studio di architettura. Poi sono entrato in un’agenzia di rappresentanza con cui collaboro tutt’ora e che pubblicizza i miei lavori in giro per il mondo.

Quanto tempo fa è iniziata questa avventura?

Quest'anno sono 10 anni che ho iniziato, che ho aperto la partita IVA e che ho fatto i primi lavori di un certo tipo. La prima illustrazione commissionata, per il New York Times, è stata a giugno 2013.

Un bel battesimo del fuoco… . Chi sono gli altri committenti?

Oltre al New York Times, con cui ho collaborato fino a qualche mese fa, ho un appuntamento fisso sul Wall Street Journal e ho collaborato con il New Yorker. Poi ci sono committenti che variano di mese in mese come Adobe.

Come sono arrivati a te?

Per lavori di una certa entità, di solito, gli illustratori vengono contattati e messi in lista con altri due o tre colleghi. Se l’illustratore è disponibile il lavoro viene sottoposto ai capi e, se viene accettato, l’illustratore viene selezionato. Io invece sono stato contattato perché ero stato selezionato sin da subito. Dal punto di vista pratico volevano un’immagine che desse l’idea che con Adobe Illustrator si potevano fare cose apparentemente semplici, come i fiori, ma allo stesso tempo anche effetti complessi, come l’effetto sfumato della carta.

Vedi tante differenze tra l’Italia e l’estero?

Io quando ho iniziato mi sono promosso tantissimo in Italia: c’erano un sacco di giornali e riviste che mi piacevano e su cui volevo provare a comparire. Non mi ha mai chiamato nessuno. Quando ho iniziato a lavorare con il New York Times, hanno iniziato a chiamarmi. Il divario è molto netto tra l’Italia e l’estero, sia per budget che per modus operandi: sono più confusi e a volte poco chiari.

Hai mai pensato a trasferirti all’estero?

In realtà ci avevo pensato all'inizio, quando ero più giovane. Poi, in realtà, siccome riuscivo a fare bene anche da casa e avevo appena iniziato la relazione con la mia attuale ragazza, ho deciso di restare in Italia.

Entriamo nel pratico. Quali sono i tuoi strumenti del mestiere?

Il computer. Di base lavoro tanto in digitale: disegno la bozza su Ipad e poi, quando il lavoro viene approvato, passo ai programmi vettoriali sul computer.

Come avviene l’ideazione del disegno?

Di solito il cliente, se parliamo di editoria, ti manda l'articolo da cui trarre l’illustrazione. A volte ti dà delle indicazioni oppure ti lascia completa libertà. Tu leggendolo devi estrapolare qualche bozza. Poi quando vengono revisionate, ne viene scelta una e passo alla fase di rendering. Faccio revisionare un'altra volta e la finisco. La difficoltà sta nelle tempistiche: spesso chiedono lavori da fare per il giorno dopo o in poche ore e c’è il fuso orario a complicare le cose.

I tuoi disegni sono molto riconoscibili, lo stile come è maturato?

Nella mia prima fase era una ricerca personale: vedevo delle cose e le disegnavo. Poi con il tempo ho aggiunto i colori e altre cose. Credo di essere stato un autodidatta che nel tempo ha consolidato il suo stile.

Se dovessi chiederti la tua illustrazione più iconica?

Anche a livello di risonanza è stata quella di Illustrator, perché comprende le cose su cui lavoro tutti i giorni per conto mio, pur essendo una commissione.

Quella che ti ha dato più soddisfazione?

Nel 2017 avevo fatto una campagna pubblicitaria per un brand americano di materassi, ma non mi avevano spiegato dove sarebbero stata usate l’immagini: tante volte te le fanno fare, ti pagano ma non le usano. Un giorno, dopo qualche mese, ho scoperto che le illustrazioni erano state usate come banner pubblicitari nella metropolitana di New York e un mio amico che era là mi ha mandato le foto.

Al giro di boa dei dieci anni cosa vedi nel tuo futuro, Giacomo?

Vorrei continuare a fare questo lavoro e riuscire a fare progetti interessanti. Vorrei costruire uno shop per vendere le mie stampe, ma soprattutto mi piacerebbe molto provare a scrivere e illustrare un libro, probabilmente per bambini. C'è l'idea, ma faccio sempre un po’ fatica a mettermici. Vedremo. (ride, ndr)

Giorgia Preti

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