Storie di persone | 15 ottobre 2024, 16:44

Una (dolce) storia veronese

Una (dolce) storia veronese

C’è chi lo intinge nel latte, chi lo mangia con lo zucchero a velo e chi con la crema al mascarpone. Non esiste un modo “giusto” per gustare un pandoro e, probabilmente, rischieremmo grosso a dire il contrario, ma siamo sicuri di mettere d’accordo tutti i veronesi nel dire che a Natale è un dolce che non può mai mancare sulla tavola famigliare. E, a dire il vero, forse non solo a Natale. La sua storia affonda le radici nella tradizione veneta, tra il “Pan de Oro” e il “Nadalin”, ma non è possibile slegare le origini del pandoro da Verona e, in particolare, dalla famiglia Bauli. Da piccolo laboratorio artigianale a icona globale, la storia di Bauli attraversa le generazioni a partire dal nonno Ruggero fino ad arrivare all’attuale presidente del Gruppo, Michele Bauli. Tutti uniti da un unico “fil rouge”: la passione.

Presidente Bauli, iniziamo dal vostro gioiello. Qual è il segreto per un buon pandoro?

Il Pandoro è il fiore all’occhiello della produzione Bauli: siamo partiti più di un secolo fa da un piccolo laboratorio artigianale a Verona, dove mio nonno perfezionò la ricetta classica di questo dolce tradizionale veronese facendone il suo prodotto di punta. La vera svolta, però, arrivò anni dopo, quando mio nonno ottenne di industrializzare il processo di produzione riuscendo a sfornare pandori ogni 20 minuti anziché ogni 40 ore, senza ovviamente rinunciare alla qualità. All’origine del successo di questo prodotto vi è un ingrediente che custodiamo con cura da più di 100 anni e che è alla base della maggior parte dei nostri prodotti: il lievito madre Futura.

Cosa significa per lei, non solo a livello professionale, ma soprattutto personale, Bauli?

Per me è difficile rispondere a questa domanda, essendo da sempre legato all’azienda e soprattutto alla famiglia. Credo che Bauli sia il simbolo dell’azienda a conduzione familiare e dell’impegno di un gruppo di persone che scelgono di dedicare la propria vita ad un sogno, mettendo tutto il cuore nel far crescere un progetto a lungo termine. Sono molto orgoglioso della comunità che si è creata nel tempo, a partire da mio nonno e passando da tutte le persone che negli anni si sono succedute all’interno dell’azienda. Oggi percepisco una rinnovata energia e, ripensando a quanto ci siamo impegnati negli anni per arrivare a questo punto, mi emoziono davvero quando vedo qualcuno che dopo un secolo di storia continua a scegliere i nostri prodotti.

Passiamo all’azienda. Chi è Bauli in numeri?

La nostra azienda ha più di un secolo di storia e tradizione: ogni anno vendiamo circa 118.000 tonnellate di prodotto in più di 70 Paesi nel mondo, potendo contare su ben 7 stabilimenti produttivi tra Italia e India e 5 sedi estere (Francia, Slovacchia, India, Singapore e Stati Uniti). Al momento siamo in fase di chiusura di bilancio e a breve saranno disponibili i risultati dell’anno fiscale appena concluso. Quello che possiamo anticipare è che miriamo a raggiungere l’ambizioso obiettivo del miliardo di fatturato entro il 2030.

Per voi la parola chiave, sin da nonno Ruggero, è stata “innovazione”. E lo avete dimostrato qualche settimana fa annunciato un riposizionamento di Motta, che avete acquisito, e che diventerà brand premium…

Esatto, Motta subirà un vero e proprio riposizionamento: forte della sua expertise pasticcera su alcuni dei prodotti più iconici in Italia, diventerà il brand premium del Gruppo. Angelo Motta non solo ha inventato il panettone più venduto in Italia, ma anche la colomba e la merenda industriale, il Mottino. L’innovazione è dunque parte del DNA della marca sin dall’inizio: vogliamo tornare alle origini.

Rassicuriamo i fedeli del pandoro: non finirà in secondo piano.

Assolutamente no. Il Pandoro continuerà ad essere uno dei nostri prodotti di punta, anche in nuove varianti.

Anche per quanto riguarda l’estero, siete sempre stati puntati all’internazionalizzazione ed è stato ciò che ha reso Bauli un brand globale. Dove volete arrivare ancora?

Oggi l’export rappresenta circa il 20% del business e l’obiettivo è duplicare le esportazioni nei prossimi sette anni e raggiungere nuovi mercati. Tra le aree più strategiche guardiamo con attenzione agli Stati Uniti, al Sud Est Asiatico, ma anche al Sud America nonché l’Europa.

L’obiettivo, come diceva prima, è raggiungere un miliardo di fatturato entro il 2030. Qual è la ricetta per arrivare lì?

Con la nostra nuova strategia di portafoglio, incentrata sui brand Bauli e Motta, vogliamo superare la frammentazione che ha caratterizzato la nostra offerta, posizionando i due marchi rispettivamente nel segmento mainstream e premium. La strategia del Gruppo per la crescita futura è basata su tre direttrici: nuovi prodotti, nuovi canali di vendita e nuove geografie. 

Chiudiamo con un consiglio: da imprenditore (e già presidente di Confindustria Verona) crede che l’Italia sia una Paese per giovani intraprendenti che vogliono avviare un’attività?  

Credo fermamente che le giovani risorse siano una leva fondamentale per il progresso dell’industria e del Paese. Un consiglio che posso dare è di credere nei propri sogni e nelle proprie capacità, senza lasciarsi sopraffare dagli ostacoli che si incontreranno per la strada. Questo è l’insegnamento più prezioso che ci ha lasciato mio nonno.

E, a questo proposito, a Verona c’è terreno fertile?

Il territorio veronese ha dato i natali a grandissimi imprenditori attivi in settori diversi. Quello che posso affermare con certezza è che, almeno nel nostro settore, i talenti non mancano: sono sicuro che Verona e le sue risorse abbiano molto da dare e continueranno a sorprenderci anche negli anni a venire.

Giorgia Preti